AFRICA/GUINEA BISSAU - Tra le capanne di Bigene la missione comincia col segno della croce CC BY  — di Fabio BerettaBigene – Strade dissestate, temperature tropicali, e tra le foreste piccoli villaggi di capanne circondati da campi coltivati a riso, mango e cadjù. È questo l’angolo di mondo in cui da più di trent’anni, vive e opera un gruppo di suore missionarie, appartenenti alla Congregazione delle Suore Oblate del Sacro Cuore di Gesù, affiancate da alcuni sacerdoti fidei donum dell'Arcidiocesi di Foggia-Bovino. A chiamarle fu Settimio Ferrazzetta, primo Vescovo della Guinea-Bissau dopo la raggiunta indipendenza, che alle Suore Oblate aveva proposto di iniziare una missione in virtù del loro carisma, dedito alla collaborazione coi sacerdoti nel servizio reso alle nuove Chiese particolari.La missione nacque nel 1991 a Bigene, un villaggio situato al nord della Guinea Bissau, vicino al confine con il Senegal, distante 40 km dalla città di Farim e 30 da Ingorè. Oggi, il territorio della missione comprende una cinquantina di villaggi sparsi su circa 300 chilometri quadrati. Di questi, solo una ventina sono abitati da cristiani. Gli altri sono abitati in maggioranza da musulmani o animisti. “Li chiamiamo cristiani - riferisce all’Agenzia Fides don Marco Camilletti, missionario fidei donum dell’Arcidiocesi di Foggia-Bovino che per diversi anni ha svolto il suo ministero proprio a Bigene - ma molti di loro non hanno ancora ricevuto il battesimo. Però partecipano alle catechesi, pregano, prendono anche parte alla celebrazione eucaristica”.Per ricevere il battesimo, spiega il sacerdote, “il percorso dura 7 anni. E in questo lasso di tempo, quando organizziamo le catechesi, molti lasciano il lavoro nei campi di giorno per ascoltarci. Viene sempre qualcuno, anche nei periodi in cui il lavoro è più intenso. C’è chi ci aiuta in parrocchia, o che ci chiama per dire una preghiera quando muore qualche congiunto, anche se la famiglia non è cattolica…”.Il percorso per il battesimo è lungo, ma i battezzati continuano a crescere. “Poco più di dieci anni fa - racconta don Marco - nella parrocchia di Bigene si contava una sola famiglia sposata in chiesa. A fare la comunione erano pochissimi, quattro o cinque. Oggi possiamo dire che molti ragazzi figli di cristiani partecipano alla vita liturgica e pastorale della parrocchia, anche se alcuni di loro non possono ricevere i sacramenti perché poligami".Don Marco ricorda quella che definisce una “mega cerimonia” celebrata nel 2014 il giorno di Pentecoste: “Nella stessa celebrazione abbiamo avuto una trentina di battesimi, diverse prime comunioni e cresime di giovani e adulti, più cinque matrimoni. Eravamo moltissimi, non esistono chiese così grandi da contenerci. Così i riti dei diversi sacramenti vennero celebrati all’aperto, nella foresta, in una radura tra le palme”.Negli ultimi anni, nei villaggi della parrocchia, sono fiorite anche alcune vocazioni: “Al momento - racconta don Marco - c’è una ragazza, Francisca, che sta seguendo il percorso di formazione con le suore. C’è stato anche un ragazzo che è entrato in una congregazione di religiosi”.Entrare in seminario, fa notare il missionario, è reso complicato anche dal problema della bassa scolarizzazione: “Nei seminari è richiesto un livello alto di istruzione ma in Guinea Bissau non tutti arrivano alle scuole medie. Alle famiglie interessa che i figli sappiano leggere e scrivere. Poi bisogna lavorare nei campi”. Eppure molti segnali suggeriscono che si sta vivendo anche per le vocazioni sacerdotali e religiose un ‘tempo di semina’: “Sono diversi i ragazzi e le ragazze che intraprendono un percorso di formazione. Pochi lo continuano, molti lo abbandonano perché capiscono che non fa per loro. È nato anche un gruppo intorno a un centro vocazionale dedicato agli adolescenti. È l’inizio del percorso”.L’opera apostolica compiuta dai missionari non sembra far conto su mezzi sofisticati e strategie pianificate. “Personalmente – racconta don Marco – non sono mai andato in giro a fare pubblicità ai corsi di catechesi in villaggi in cui nessuno sa di cosa si tratta. Di solito sono gli stessi abitanti dei diversi villaggi che vengono a chiamarci quando qualcuno di loro viene a sapere delle nostre opere e delle nostre preghiere. Fanno un ragionamento semplice. Pensano: ’Aiutano tutti, aiuteranno anche noi’”. Poi tutto accade secondo le dinamiche misteriose e sorprendenti con cui opera la grazia: “Col tempo qualcuno lascia, qualcuno rimane. E qualcuno chiede di essere battezzato”.Per presentare la persona di Gesù ai villaggi africani del XXI secolo, racconta ancora don Camilletti, "partiamo da zero, dall’a-b-c: il segno di croce. Quello è il punto di partenza”. “Poi ci sono le storie del Vangelo che arrivano col tempo, piano piano, assieme a quelle dell’Antico Testamento. Sono storie semplici che molti di loro già conoscono in un certo senso”. Don Marco fa l’esempio della Creazione: “Se dico loro di Dio che crea il mondo, lo capiscono perché questo lo riconoscono tutti, anche gli animisti. La novità è Gesù, che porta la salvezza”.La novità cristiana viene proposta adattandosi alle prassi e ai valori della cultura locale: “Non cancelliamo la loro cultura” rimarca il missionario “ma ne prendiamo elementi e esempi per comunicare il Vangelo in modo che sia compreso e accolto. Ad esempio, quando loro partono per un viaggio versano acqua o vino su una rocca e recitano una preghiera agli antenati che suona così: “Fa che possa viaggiare bene e tornare sano e salvo. Un po’ come noi che quando ci mettiamo in viaggio ci affidiamo a Santa Maria del cammino”. Per questo “conviene conoscere molto bene la loro cultura prima. Viviamo in una società agricola, fanno una vita molto semplice. Ma la loro cultura è ricchissima e offre tanti spunti e buone occasioni per proclamare e testimoniare inserire nel vissuto la Buona Notizia di Gesù”. ... Agenzia Fides 1 hr
ASIA/CINA - La comunità cattolica cinese vive la Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani secondo... CC BY  — Pechino – In vista della IV Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani che si celebrerà domenica 28 luglio 2024 che come tema, scelto dal Santo Padre, “Nella vecchiaia non abbandonarmi” , la comunità cattolica cinese si è mobilitata, come sempre, per vivere la Giornata alla luce del Vangelo e secondo l valori tradizionali confuciani che fanno parte della cultura tradizionale cinese. Nella mattina del 26 luglio, il gruppo pastorale della parrocchia di Nantang è partito per le Casa degli anziani della diocesi e un per pellegrinaggio nella parrocchia di Yongni, nel distretto di Mentougou. La cattedrale di Shishi della diocesi di Guangzhou, ha anticipato la messa per gli anziani e amministrato il Sacramento dell’Unzione degli Infermi perché oltre agli aspetti materiali, la Chiesa in Cina si prende cura in modo particolare anche della vita spirituale degli anziani. Anche la parrocchia di Longwan della diocesi di Wenzhou ha dato il via a una serie di iniziative per celebrare la Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani rispondendo all’appello di Papa Francesco. Il 23 luglio, i giovani universitari in vacanza estiva si sono uniti insieme ai diaconi, alle suore e ai laici per portare la comunione e sacramenti agli anziani di diversi villaggi sotto il sole cocente, dedicando tempo soprattutto agli anziani soli e malati, di età tra 70 ai 90 anni. Le visite sono state momenti commoventi sia per gli anziani, che hanno sentito il calore e l’amore della Chiesa, sia per i giovani che hanno toccato da vicino la solitudine della vecchiaia, la difficoltà fisica ed emotiva. Sono stati toccati profondamente perché “questa attività più di ogni altra ha fatto vibrare i nostri cuori. Lo choc e la compassione di fronte agli anziani con tante difficoltà arrivano al cuore più direttamente delle teorie dei libri” – confessano i ragazzi. Il giorno dopo, 24 luglio, è stata celebrata la messa nella parrocchia per la Giornata, con circa 200 parrocchiani anziani. Vari gruppi parrocchiali hanno donato i regali fatti da loro per gli anziani come rosari fatti a mano, o ventagli . Quattro fedeli hanno condiviso con la comunità il messaggio del Papa per la IV Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani. Il parroco, don Guo Wenwu, ha sottolineato tre punti: in primo luogo, prestare attenzione, curare e amare le persone anziane, sole e prive di sostegno, sapere comprendere pienamente i loro bisogni emotivi; in secondo luogo, promuovere in continuazione le visite agli anziani portando le benedizioni e l'amore di Dio; in terzo luogo, coinvolgere i giovani a partecipare a queste iniziative per capire profondamente la testimonianza del Signore nella Chiesa e promuovendo in modo concreto lo sviluppo della Chiesa. Nella tradizione cinese infatti gli anziani sono il simbolo della saggezza, dell’abilità, dell’esperienza, dell’abnegazione, dell’autorevolezza e dell’amore, tutti valori che si incontrano spesso nella Sacra Scrittura e nell’insegnamento cristiano. Nella sua lunga storia millenaria, la cultura cinese dedica annualmente una festa agli anziani secondo il calendario lunare nell’autunno. La comunità cattolica nella Cina continentale ha sempre organizzato tante iniziative per festeggiare gli anziani arricchita con il valore cristiano alla luce della Bibbia. La vita ecclesiale di tutte le comunità cattoliche in Cina fa tesoro dell’importante contributo da parte degli anziani: collaboratori fedeli dei sacerdoti e delle suore, appassionati catechisti e volontari, sempre a disposizione per venire incontro alle esigenze di tutti. Nello stesso tempo, la Chiesa occupa concretamente dei loro bisogni, sia materiali che spirituali, vengono ordinariamente amministrati i Sacramenti porta a porta rendendoli partecipanti alla vita della fede. ... Agenzia Fides 1 hr
Immigrati russi riescono a vivere in Corea del Sud per anni senza registrazione CC BY  — Un tempo, gli abitanti della Russia orientale si riversavano in Corea del Sud per i soldi. Oggi, arrivano persone da tutta la Russia. ... Global Voices 16 hr
ASIA/FILIPPINE - Il tifone Gaemi flagella il sudest asiatico: la Chiesa di Manila corre in aiuto deg... CC BY  — Manila - Il tifone Gaemi continua a flagellare il sudest asiatico. La tempesta corre verso Taiwan, lasciando dietro di sé morte e distruzione nelle Filippine. Qui la furia della natura si è abbattuta soprattutto sul nord del Paese e la capitale, Manila. La città è invasa dal fango, le strade sono allagate e impraticabili. Al momento il bilancio dei morti è di 13 persone. Stando ai dati ufficiali, Gaemi ha fatto precipitare al suolo in tutta la regione 300 millimetri di pioggia. In città, durante il monsone - che va avanti da due settimane -, l'acqua ha raggiunto picchi altissimi, arrivando ad invadere i primi piani delle abitazioni. Molti cittadini sono saliti sui tetti per sfuggire all'acqua. E mentre le autorità locali dichiarano lo "stato di emergenza per calamità naturale" per facilitare l'evacuazione di migliaia di persone, fa rabbrividire il numero degli sfollati: 600mila. La città è al collasso: scuole chiuse, infrastrutture fuori uso. Cancellati anche i voli internazionali. In ginocchio anche le aree attorno alla Capitale, dove le piogge hanno provocato diverse frane, una delle quali ha provocato la morte di una donna incinta e di tre bambini. Le autorità locali riferiscono anche che si sono verificati diversi smottamenti che stanno bloccando tre strade principali nella provincia montuosa di Benguet.Alla catastrofe umanitaria si aggiunge poi quella ambientale: nella baia di Manila si lavora senza sosta per cercare di contenere i danni dell'affondamento di una petroliera che si è capovolta e affondata. La nave trasportava 1,4 milioni di litri di combustibile. Al momento, dei 17 membri a bordo, uno risulta disperso. Le operazioni di salvataggio sono ostacolate dai forti venti forti che provocano onde alte. Il maltempo rallenta anche le operazioni di contenimento ambientale: il liquido contenuto nella petroliera è fuoriuscito, tingendo il mare di nero. Davanti a questo scenario desolante, la Chiesa locale non resta ferma a guardare ma si rimbocca le maniche e tende una mano alla comunità per aiutare a rialzarsi. In queste ore, infatti, l'arcivescovo di Manila, il cardinal José F. Advincula, tramite una lettera inviata a tutte le realtà dell'arcidiocesi, annuncia l'inizio di una nuova colletta per aiutare le vittime del tifone.Il porporato, nella missiva, incoraggia i fedeli a partecipare alle funzioni religiose del 27 e 28 luglio durante le quali le offerte raccolte saranno devolute in sostegno di chi ha perso tutto a causa della violenza della natura. Non solo: il cardinale, rivolgendosi a sacerdoti, religiosi e suore, chiede di "continuare a essere compassionevoli verso le vittime del tifone, i poveri, gli affamati e tutte le persone bisognose".Nella missiva si precisa che "le donazioni devono essere inviate all'ufficio contabilità dell'arcidiocesi di Manila entro e non oltre il 7 agosto 2024". A conclusione della lettera, il cardinal Advincula chiosa con una breve preghiera da recitare in questi giorni in sostegno degli sfollati e in suffragio delle vittime. ... Agenzia Fides 19 hr
ASIA/INDONESIA - L'abbraccio dell'Islam indonesiano a Papa Francesco: pace e fraternità fra popoli, ... CC BY  — di Paolo AffatatoJakarta - Le grandi organizzazioni dell'islam indonesiano accolgono con grande favore e profonda gratitudine la visita di Papa Francesco in Indonesia, dal 3 al 9 settembre prossimo, e ne apprezzano l'importante significato per promuovere tolleranza, pace e della fratellanza tra comunità religiose, tra i popoli, tra le nazioni. L'impatto della sua presenza - assicurano concordi i capi islamici indonesiani, di diverse realtà e scuole di pensiero - sarà positivo e profondo sulla intera nazione indonesiana, rafforzando la l’armonia tra le comunità religiose del Paese, riaffermando la centralità dello spirito di fraternità e di umanità che l'Islam in Indonesia vive e promuove costantemente, con l'attenzione speciale ai processi educativi e al contrasto di ogni forma di radicalismo e di estremismo."Nahdlatul Ulama" e "Muhammadiyah", le storiche e capillari organizzazioni dell' "Islam Nusantara" non sono affatto nuove a promuove e praticare in Indonesia un islam "che cammina con la democrazia, che è vive e promuove la fraternità". Questo loro ruolo sta gradualmente uscendo dal cono d'ombra in cui spesso sono relegate dal mainstream dei mass-media e della cultura in Occidente e ha assunto di recente un ambìto riconoscimento internazionale, grazie al "Premio Zayed per la Fratellanza Umana" 2024, assegnato alle due organizzazioni il 5 febbraio scorso ad Abu Dhabi. Per le due associazioni la visita del Papa è, allora, una feconda opportunità di incontro, di comunione e di collaborazione sui principi universali come la pace e la fratellanza. L’Indonesia è il Paese a maggioranza musulmana più popoloso al mondo, con l’86,7% della popolazione che si identifica come musulmana e più di 231 milioni di aderenti. La popolazione segue l’Islam sunnita tradizionale, ma con un’interpretazione in linea con la “Pancasila”, ovvero il la "Carta dei cinque principi" alla base della Costituzione, principi come la fede in Dio, l’umanità, nell’unità nazionale, la democrazia e la giustizia sociale. Questa visione viene tuttora promossa da associazioni come "Nahdlatul Ulama" e "Muhammadiyah". La più antica è "Muhammadiya" che ha circa 29 milioni di aderenti nell'arcipelago: nata nel 1912, è considerata un movimento riformista. Seguendo gli insegnamenti dell’egiziano Muhammad ‘Abduh, vissuto al Cairo alla fine del XIX secolo, predica una purificazione della fede e mette l’accento sul senso individuale di responsabilità morale, prestando enorme attenzione all’istruzione moderna In Indonesia, in speciae sull’insegnamento superiore, con 14.000 scuole da elementari a università e 7.500 asili. La "Nahdlatul Ulama o NU, è nata invece nel 1926 in reazione al propagarsi del wahhabismo saudita nel mondo islamico internazionale. Alla guida delle antiche scuole religiose indonesiane, le "pesantren", gestite da NU, si segue un Islam tradizionale, basato su un bagaglio di scritti classici di ulema mediorientali e indonesiani. Il movimento abbraccia le tradizioni pre-islamiche e il sufismo di Abu Hamid al-Ghazali e conta oggi circa 50 milioni di affiliati.Le due organizzazioni sono espressioni della società civile e non hanno mai trasformato la loro presenza capillare nell’arcipelago in attività politica o partitica. Entrambe sottolineano il carattere “indonesiano” dell’Islam locale, ricordando gli insegnamenti dei Wali Songo, i “nove santi”, maestri sufi arrivati nell’isola di Giava all’inizio del XV secolo, cui i musulmani del Paese attribuiscono la diffusione dell’Islam nell’arcipelago, attraverso un approccio spirituale e pacifico che, fin dall'inizio, è coesistito con gli altri culti preesistenti come l’animismo, l’Induismo e al buddhismo. Quella che praticano è una idea di Islam tollerante, non violento dai tratti tipicamente locali: parlare di "Islam Nusantara" è divenuto un "marchio di fabbrica" accolto anche a livello statale e utilizzato anche dal governo. L’Islam non ha un ruolo ufficiale nella costituzione indonesiana, ma nella nazione vi è la coscienza diffusa che lo Stato debba occuparsi della religione, elemento fondamentale della vita sociale e culturale, e delle questioni collegate. In quest’ottica, venne creato, fin dal principio dell'indipendenza, un Ministero degli Affari religiosi, con dipartimenti dedicati all’Islam, al cattolicesimo, al protestantesimo, all’induismo, al buddismo e al confucianesimo.Per la visita di Papa Francesco le due organizzazioni saranno "In prima linea". Muhammadiya "accoglierà Papa Francesco con gioia a settembre", rimarca il presidente della Muhammadiyah per le relazioni internazionali e interreligiose, Syafiq A. Mughni, dal suo quartier generale Jakarta. "L'arrivo del Papa è un simbolo universale della costruzione della fratellanza umana, e la sua visita ha un significato sia simbolico che sostanziale in quest'ambito", afferma il leader che ha già incontrato Papa Francesco in Vaticano. L'impatto spirituale della sua presenza per il mondo islamico sarà potente: "Come musulmani abbiamo bisogno della preghiera, abbiamo bisogno dell'apprezzamento di persone al di fuori dell'Islam", nota, inserendo l'incontro con il capo del cattolicesimo mondiale "in un quadro più ampio della vita religiosa della gente" e aggiungendo: "Sarebbe molto efficace se noi musulmani parlassimo in termini positivi riguardo al cattolicesimo e, allo stesso modo, i cattolici trasmettessero qualcosa di positivo sui musulmani". Questo approccio fatto di stima benevolenza reciproca "rappresenta una forza molto potente per costruire una vita insieme" e giovare all'umanità intera, ci tiene a dire, rimarcando l'esigenza della collaborazione "tra paesi, popoli, religioni per affrontare le questioni globali come l'estremismo, la crisi climatica e le differenze tra paesi ricchi e poveri". D'altro canto Ulil Abshar Abdalla, intellettuale e studioso islamico, a capo del Comitato esecutivo di "Nahdlatul Ulama", rileva che "l'arrivo di Papa Francesco è molto atteso ed è da tutti noi considerato un momento storico", ricordando e collegando la presa del Papa a quella di Ahmed Al-Tayeb, Grande Imam di Al-Azhar, in Indonesia , "eventi che a rafforzano lo spirito del dialogo interreligioso nel paese": "La visita di queste due grandi figure avviene nella situazione e nel momento giusto, mentre soffia un forte vento di dialogo interreligioso", nota Ulil. Accanto a loro, altri leader musulmani sono molto attivi nei Forum tra organizzazioni islamiche e in quelli interreligiosi: figlia di un grande leader islamico come Abdurrahman Wahid, noto come "Gus Dur", Yenny Wahid è oggi a capo del " Wahid Institute", istituto islamico impegnato fortemente a livello culturale e sociale con programmi di inclusione, dialogo, socializzazione , la diffusione di un islam che promuove e l'armonia: "Abbiamo sommo rispetto per Papa Francesco, figura ispiratrice nel promuovere la compassione verso le persone deboli ed emarginate. Papa Francesco ha sempre mostrato preoccupazione per coloro che sono poveri ed esclusi. Questo ha ispirato molte persone, me compresa, a fare del bene", ha affermato, intervenendo a un incontro online organizzato dalla Ambasciata indonesiana presso la Santa Sede. Anche il professor Sumanto Al Qurtuby, direttore del "Nusantara Institute on Culture and Religion" e docente di antropologia alla "King Fadh University" apprezza di Papa Francesco l'approccio verso l’ecumenismo, il pluralismo e la pace, notando che la sua opera mira a "unire realtà divise, valorizzare le diversità come espressioni divine, e promuovere sempre e in ogni circostanza la pace", un messaggio che è necessario per l'intera umanità dilaniata dalla conflittualità.L'ambasciatore di Indonesia presso la Santa Sede, Michael Trias Kuncahyono, ha concordato rimarcando che la visita del Papa "è momento storico non solo per i cattolici, ma anche per l'intera nazione indonesiana", e rappresenta "un importante simbolo di tolleranza e fratellanza, principi che l'Indonesia deve continuare promuovere, dando priorità ai valori di umanità, pace e della fraternità". Il Papa ha scelto di venire in Indonesia , ha osservato, "perché la considera un esempio soprattutto riguardo all'insegnamento dell'amore e alla fraternità tra le genti e le religioni. Gliene ne siamo grati". ... Agenzia Fides 20 hr
L’occupazione è illegale, Israele deve restituire i territori al popolo palestinese e le colonie van... CC BY-SA  — La Corte Internazionale di Giustizia ha dichiarato che l’occupazione da parte di Israele dei territori palestinesi è illegittima secondo il diritto internazionale e deve essere terminata. Il parere non è vincolante, ma è particolarmente autorevole e può influenzare la comunità internazionale. ... Valigia Blu 21 hr
AFRICA/ETIOPIA - “Non siamo ancora sicuri di quanti siano i morti, è un incidente disastroso” riferi... CC BY  — di Antonella PrennaAddis Abeba – “Un incidente scioccante e disastroso. Molti hanno perso la vita all'improvviso, più di 260 cadaveri sono stati recuperati fino ad oggi come riportano le notizie locali”. Sono parole che ha inviato all’Agenzia Fides il Vicario Apostolico di Hosanna e Amministratore Apostolico di Soddo, Seyoum Fransua, in riferimento alla frana che ha colpito l’area di Gofa, Kencho Shacha Gozdi Kebele, Geze Gofa Woreda, il 22 luglio provocando una grave crisi umanitaria.“Abbiamo subito inviato una squadra di emergenza dall'ufficio del Vicariato di Soddo e si trova ancora nel punto in cui si è verificata la frana. Questa mattina ha raggiunto la zona un’altra squadra composta dall'ufficio del Vicariato di Soddo, dal Direttore esecutivo della Commissione sociale e per lo sviluppo della Conferenza episcopale cattolica dell'Etiopia e dal Catholic Relief Service dell'Etiopia per incontrare i sopravvissuti, il Capo della Commissione per i disastri e la prevenzione del Governo federale dell'Etiopia e i funzionari amministrativi di zona e siamo in attesa di nuove indicazioni – aggiunge il vescovo Fransua. “Inoltre uno dei sacerdoti di Soddo si è recato sul posto insieme ad altri rappresentanti di confessioni religiose diverse e istituzioni religiose. Come mi ha appena riferito, le vittime finora registrate sarebbero 46 nuclei familiari con una media di 6 bambini a nucleo. Il governo federale, gli stati regionali, le amministrazioni cittadine e altre organizzazioni non governative stanno continuando a lavorare insieme per recuperare i cadaveri, seppellirli e cercare di supportare i sopravvissuti per le loro necessità di base. Non siamo ancora sicuri di quanti siano i morti. I sopravvissuti e le persone nella zona circostante hanno disperatamente bisogno di un immediato supporto umanitario. Ho in programma di andare sul posto appena sarà possibile per portare aiuti.”Il presule ha espresso pubblicamente profondo dolore per l'immensa sofferenza causata dal disastro. Ha sottolineato l'urgente necessità di assistenza umanitaria e ha chiesto solidarietà e supporto da parte di partner locali e internazionali per affrontare la crisi in modo efficace. In risposta a questa grave situazione, la Chiesa cattolica etiope, attraverso le sue varie agenzie e in collaborazione con altre organizzazioni umanitarie, sta intensificando i suoi sforzi per fornire soccorso e supporto. La Chiesa sta mobilitando risorse e coordinandosi con le comunità locali per garantire che gli aiuti raggiungano chi ne ha bisogno in modo rapido ed efficace.“L'incidente è talmente grave che siamo tutti concentrati a stare vicini alle persone bisognose in questo momento”, fa eco al vescovo Fransua p. Dejene Hidoto Gamo, O.F.M. Cap. Si tratta di una vera e propria crisi umanitaria” ha aggiunto p. Gamo di recente nominato dal Santo Padre Vicario Apostolico di Soddo . “Siamo profondamente addolorati per la recente frana che ha devastato la zona di Gofa, causando immense perdite e sofferenze – si legge nel messaggio inviato all’Agenzia Fides dai leader della Chiesa cattolica etiope alle vittime e alla comunità cattolica. Come leader e membri della Chiesa cattolica, porgiamo le nostre più sentite condoglianze e promettiamo il nostro fermo sostegno in questo momento difficile. I nostri cuori sono addolorati per coloro che hanno perso i propri cari, le case e i mezzi di sostentamento in questa calamità. In risposta, la Chiesa cattolica, attraverso Catholic Relief Services e la Ethiopian Catholic Church-Social and Development Commission , si è mobilitata rapidamente per fornire assistenza e soccorso immediati. Siamo al vostro fianco, offrendovi sia aiuti materiali che consolazione. Ricordate, non siete soli; il nostro pensiero, le nostre preghiere e le nostre azioni sono con voi.”In una lettera datata 22 luglio 2024, il cardinale Berhaneyesus Demerew Souraphiel, Arcivescovo metropolita di Addis Abeba, Presidente della Chiesa cattolica etiope, ha sottolineato la grave natura di questa catastrofe e ha espresso il suo profondo dolore assicurando solidarietà e continuo supporto della Chiesa alle comunità colpite.Di seguito un aggiornamento del ECC-SDCO/S Emergency Response Team sulla situazione attuale, sulla risposta e sul coinvolgimento della comunità cattolica e della Chiesa nel quale i Vescovi si dicono grati per qualsiasi tipo di supporto si possa dare in questa grave emergenza. Secondo i dati forniti dall’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari oltre alla perdita di vite umane, il disastro ha profondamente colpito oltre 50 mila persone. La cifra include sfollati, feriti e individui che hanno perso le loro case e i loro mezzi di sostentamento. Nello specifico, ci sono 5.776 famiglie in due kebeles che hanno urgente bisogno di riparo. Inoltre, un totale di 596 famiglie sono state evacuate a causa della frana. Tra queste famiglie evacuate, ci sono 1.367 bambini, che sono particolarmente vulnerabili e hanno bisogno di supporto e cure immediati.La situazione sta peggiorando rapidamente – prosegue l’OCHA - con tutti i 28 kebeles all'interno della woreda identificati come a rischio. Tra questi, 6 kebeles sono stati classificati come altamente vulnerabili a causa della loro posizione geografica e dell'intensità dell'impatto. Queste aree stanno subendo gli effetti più gravi, tra cui danni significativi alle infrastrutture e alle case. Inoltre le piogge continue aumentano la probabilità di ulteriori frane e, questa minaccia richiede ulteriori evacuazioni. Le condizioni meteorologiche sono imprevedibili e la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente se la pioggia persiste.Nonostante le difficili condizioni sono in pine attività azioni di risposta. La Croce Rossa ha fornito tende per 100 famiglie, offrendo un riparo temporaneo a coloro che hanno perso la casa. I rappresentanti del governo federale sono attivamente impegnati nell'area colpita, lavorando insieme ai funzionari locali e alle organizzazioni umanitarie per valutare le esigenze e coordinare ulteriore assistenza.La presenza di lunga data della Chiesa cattolica e le sue infrastrutture nella regione consentono un coordinamento efficiente delle risorse e della distribuzione degli aiuti, assicurando che l'assistenza raggiunga tempestivamente i più bisognosi. In merito alle urgenti esigenze sanitarie della popolazione colpita, tra cui la prevenzione delle malattie e l'accesso ad acqua pulita e strutture igienico-sanitarie, la Chiesa ha istituito suddivisioni mirate all'interno dei Centri di coordinamento delle emergenze . Inoltre, in risposta al profondo impatto psicologico sui sopravvissuti, sono stati implementati programmi di supporto psicosociale integrati. Queste iniziative, supportate dalla Chiesa, mirano a fornire servizi di consulenza e salute mentale per aiutare le vittime a gestire efficacemente traumi e stress. Le attività salvavita come servizi medici di emergenza, operazioni di ricerca e soccorso sono considerate prioritarie. La collaborazione tra CRS, ECC-SDCO e i partner internazionali garantiscono un approccio olistico per affrontare sia le esigenze immediate che quelle a lungo termine, promuovendo la resilienza e il recupero nelle comunità colpite. La panoramica presentata dall'OCHA sottolinea la gravità della situazione e l'urgente necessità di una risposta coordinata e completa. La continua collaborazione e il supporto di tutte le parti interessate sono essenziali per affrontare le esigenze immediate e mitigare gli impatti a lungo termine di questo disastro. ... Agenzia Fides 23 hr
ASIA - L’antica Chiesa d’Oriente in Cina. Una prospettiva missionaria   CC BY  — di Gianni Valente svoltosi dal 5 al 7 luglio presso lo Shaanxi Hotel di Xi’an) Xi’an - Nell’autunno 2022 ho avuto la fortuna di intervistare a Roma per l’Agenzia Fides Mar Awa III Royel, Patriarca della Chiesa assira d’Oriente.Si tratta di una Chiesa che adesso è esigua dal punto di vista numerico, ma ha una lunga storia, e rappresenta un’erede diretta di quella Antica Chiesa d’Oriente che nei primi secoli del cristianesimo fu al centro di una straordinaria avventura missionaria. Una avventura che portò l’annuncio cristiano dal Medio Oriente fino alla Penisola arabica, in India a anche in Cina.Nell’intervista chiesi a Mar Awa quale era secondo lui il segreto di quella grande avventura missionaria. Il giovane Patriarca della Chiesa assira mi rispose che i missionari della antica Chiesa d’Oriente erano un “esercito” singolare, un esercito di tipo spirituale. Ricordò che si trattava soprattutto di monaci e monache, che avvincevano i cuori di altre persone «con dolcezza, e non per dinamiche di conquista». Per loro – aggiunse Mar Awa – «Ogni urgenza, ogni problema concreto della vita diveniva occasione per fare il bene, diventando amici e fratelli con tutti».  Diverse ragioni a mio giudizio rendono ancora attualissima quella straordinaria vicenda storica e ecclesiale. Per gran parte dei riferimenti contenuti nel mio intervento sono debitore verso gli studi ricchi e approfonditi del sinologo italiano Matteo Nicolini-Zani, monaco della Comunità di Bose. Mi riferisco in particolare al suo saggio “Monastic Mission in Dialogue” contenuto nel volume “The Mission of the Universal Church - an Oriental Perspective, curato dal professor Germano Marani sj e pubblicato da Urbaniana University Press.  Origine e tratti specifici della Chiesa d’Oriente Le comunità della Chiesa d’Oriente che si radicarono per secoli anche in Cina fin dalla più lontana antichità vengono spesso definite “nestoriane”, perché al momento del Concilio di Efeso , che condannò il Patriarca Nestorio di Costantinopoli, vollero rimanere legate alla tradizione teologica e spirituale della Chiesa di Antiochia, da cui proveniva lo stesso Nestorio. Quella tradizione antiochena metteva con forza l’accento sulla incarnazione e sulla umanità di Cristo, sulla sua natura umana, riconoscendo che attraverso l’umanità di Cristo si rivela il mistero della sua divinità. Fin dall’inizio del III secolo dopo Cristo la Chiesa d’Oriente aveva cominciato a strutturarsi come una Chiesa autonoma, fuori dai confini dell’Impero romano, prendendo le distanze dalla Chiesa dell’Impero. I cristiani della Chiesa d’Oriente avevano un loro Patriarca con sede a Seleucia-Ctesifonte sul fiume Tigri, in Mesopotamia. Il distanziamento dalle Chiese dell’Impero e soprattutto dalla Chiesa di Costantinopoli/Bisanzio non era dovuto principalmente a motivi teologici o dottrinali, ma a ragioni che potremmo definire politiche, in senso largo.Man mano che la sua presenza si spostava verso Est, in mezzo all’Impero persiano e oltre, la Chiesa d’Oriente, anche per evitare persecuzioni, doveva mostrare che i suoi cristiani non appartenevano a comunità legate all’Impero romano, che rappresentava da secoli il nemico per eccellenza del mondo persiano.  Le comunità della Chiesa d’Oriente aumentano progressivamente la loro presenza verso est attraverso vie e processi diversi. In alcuni casi ciò avviene a causa di deportazioni di popolazioni nei territori conquistati dall’Impero persiano, quando tra i deportati ci sono cristiani e anche vescovi.  In periodi meno agitati, i cristiani si spostano verso est seguendo le vie del commercio. In ogni caso, nel cammino verso Oriente, i cristiani della Chiesa siriaca incontrano nuovi popoli, nuove lingue, nuove culture e nuove comunità religiose.Ad esempio, quando arrivano a fondare nuove Sedi episcopali negli attuali Afghanistan e Uzbekistan, città come Samarcanda e Tashkent diventano il luogo di incontro con i sogdiani, un popolo di mercanti nomadi, che in parte diventano cristiani. Per seguire i mercanti sogdiani, venivano ordinati vescovi che abbracciavano la loro condizione di nomadi. Quindi quella della Chiesa siro-orientale è una cristianità che si espande seguendo le vicende della storia: migrazioni, deportazioni, spostamenti lungo i flussi del commercio.Nella loro fondamentale opera di teologia missionaria, Stephen Bevans e Roger Schroeder riconoscono che la originalità e la rilevanza di questo “movimento missionario” erano legate a due sue caratteristiche: la connotazione monastica e la apertura a un atteggiamento dialogante verso tutti. Una missione monasticaLe missioni della Chiesa sirio-orientale furono imprese monastiche. Nei nuovi territori, le prime comunità si strutturarono sempre intorno ai monasteri.  I missionari inviati a curare la vita cristiana delle comunità e anche i vescovi metropolitani delle nuove province ecclesiastiche esterne al territorio persiano erano monaci, cresciuti nei monasteri sparsi in Mesopotamia e in Persia.  Testimonianze storiche documentano che il Patriarca Timoteo mandava in Cina come vescovi i monaci del monastero di Bet’Abe, situato a nord est di Mosul . I monaci erano ben formati nello studio della Sacra Scrittura e in teologia, e per la loro fede erano pronti a vivere in situazioni difficili.Una lettera del Patriarca Timoteo riferisce che «Tanti monaci attraversano mari verso l’India e la Cina portando con se solo un bastone e una bisaccia».Nell’area attualmente compresa nella diocesi di Zhouzhi, a pochi chilometri da Xi’an, fu ritrovata nel 1625 la “Stele nestoriana”, oggi custodita nel Museo della foresta di Stele di Xi’an: è la reliquia/testimonianza archeologica che attesta l’arrivo del primo annuncio cristiano in Cina per opera dei monaci missionari della Chiesa d’Oriente già nel 635 dopo Cristo. Costruita nel 781 con testi incisi in cinese e in siriaco, la Stele rappresenta - come si legge nella sua intestazione - il “Memoriale della Propagazione in Cina dell’Insegnamento luminoso di Da Qin”. In lingua cinese, il termine Da Qin indicava originariamente solo l’Impero romano. Poi l’espressione fu utilizzata per riferirsi proprio alle comunità della Chiesa siriaca che si erano stabilmente insediate in Cina.Anche dal testo della Stele si deduce che monasteri erano presenti anche a Chang’an, antica Capitale orientale dell’Impero, oggi Xi’an).La Stele descrive la comunità cristiana come comunità da tratti monastici, formata da persone che vivono senza essere sottomesse alle passioni mondane, praticano il digiuno e la penitenza, vivono momenti liturgici e di preghiera 7 volte al giorno secondo l’ufficio dei monaci e compiono opere di carità L’altra caratteristica di questa avventura missionaria è quella della apertura e del dialogo, che si può cogliere in atto in tre ambiti: dialogo con le culture, con le realtà religiose e dialogo con il potere e le autorità politiche. In dialogo con le culture Quando arrivano, i monaci missionari della Chiesa d’Oriente non si pongono in una posizione di forza, ma come umili monaci e commercianti. E proprio perché sono ben fondati nella loro fede e dottrina, possono entrare in contatto con la cultura e la tradizione letteraria locale con un atteggiamento dialogante, come era già avvenuto nell’incontro del cristianesimo con la cultura greco-romana. Le Comunità siro-orientali fioriscono in Cina durante le dinastie Tang e Yuan . Quando arrivano in Cina, i monaci missionari si confrontano con una cultura superiore, e per testimoniare la loro fede avviano un processo di adattamento del linguaggio teologico cristiano nel contesto culturale cinese, custodendo il cuore della fede antiochena.Anche nel testo della Stele numerose citazioni sono modellate sulle espressioni riprese dai classici cinesi.Così i monaci avviano un processo di sinicizzazione che non è una piatta e meccanica sostituzione di dati culturali cinesi a dati siriaci orientali, ma un processo più graduale e vitale di contaminazione. Solo così l’adattamento è reale e fecondo. Missione e dialogo con le religioni Nell’esperienza della Chiesa d’Oriente in Cina, il cristianesimo prende le parole da vie e dottrine religiose come il buddhismo e il taoismo. Anche le parole scelte per descrivere le istituzioni monastiche, come la parola “monastero”, vengono riprese dal buddhismo. Il loro tentativo produce testi in cui molti termini chiave appartengono alla sfera religiosa buddhista e taoista. E l’assunzione di questo linguaggio non viene avvertita come una perdita di identità cristiana, ma come uno strumento per esporre il “proprium” della fede cristiana in un contesto pluralistico. Si tratta di un adattamento dell’annuncio del cristianesimo nei suoi termini essenziali, con parole che appartengono a contesti culturali diversi da quelli del mondo culturale greco e romano.Per fare un esempio, il mistero della Trinità viene evocato facendo riferimento alla salvezza donata attraverso le “Tre Maestà dell’Insegnamento luminoso”.  Gli effetti di questa contaminazione sono documentati anche ad esempio nella iconografia delle tombe cristiane di Zaitun , dove le croci sono innestate nel fiore di loto e esseri celesti simili a angeli dipinti nella modalità iconografica buddhista.  Missione e dialogo con la politica e il potere Un’altra dimensione dell’approccio dialogante della pratica missionaria della Chiesa d’Oriente in Cina è quello adottato verso le autorità e il potere politico degli Imperatori Tang e dei governanti mongoli Yuan.Il dialogo ininterrotto con le autorità imperiali fu accettato come uno strumento necessario per ottenere riconoscimento come insegnamento legittimo e “ortodosso” nel senso del significato politico confuciano. Questa era l’unica via attraverso la quale la fede cristiana poteva essere accettata in una società cinese e per evitare di essere associati ai culti considerati perniciosi e perversi, perseguiti dalla legge. La stessa Stele testimonia l’intento della cristianità di origine siriaca di acquisire legittimità presso la Corte imperiale.Tutta la Stele è percorsa dall’intento di mostrare il collegamento e l’armonia tra le azioni giuste dei governanti e la presenza della Chiesa in Cina, che dà il suo contributo all’ordine sociale e al bene comune. Quindi la Stele testimonia anche un processo di adattamento alla modalità cinese di concepire e gestire le relazioni tra comunità di fede e autorità politiche.Un certo numero di cristiani furono funzionari e officiali nella amministrazione politica e militare dell’impero Tang, Il cardinale francese Eugene Tisserant, esperto e amante del cristianesimo d’Oriente, ricordava in un suo scritto sulla Chiesa d’Oriente che «I preti nestoriani in Cina offrirono volontariamente i loro servizi al governo, assumendo incarichi pubblici».Tra questi c’era anche il donatore della Stele, il battriano Yazdbozid, che in Cina prende il nome di Yisi. La sezione cinese della Stele, nella parte finale riproduce la sua biografia e mette in evidenza i suoi ruoli di alto rango raggiunti nella amministrazione imperiale, e esalta la sua pratica della virtù cristiana della carità. In questo atteggiamento di collaborazione e servizio verso le autorità politiche, la Chiesa trova la sua legittimazione nel contesto politico così diverso da quello dell’Impero romano. Il cristianesimo, nel modo in cui viene vissuto e testimoniato da quelle comunità in Cina diventa una confessione che può essere abbracciata perché non è percepita come dottrina di persone straniere o sottomesse a poteri o interessi stranieri. I nomi di cristiani che già in quei secoli diventano consiglieri e medici di Corte in Cina mostrano che la scelta del dialogo e non della contrapposizione fu utile a diffondere il Vangelo e testimoniarlo, in quella stagione della storia per molti versi agli antipodi di quello che sarebbe accaduto molti secoli dopo, nell’epoca del Colonialismo.  ConclusioniI due già citati studiosi Bevans e Schroeder hanno sottolineato che l’esperienza missionaria della antica Chiesa d’Oriente ha molto da dire al nostro presente. L’atteggiamento di apertura all’incontro e di dialogo riporta alle sorgenti della missione. E nel mondo attuale, appare sempre più evidente che il dialogo e la apertura all’incontro sono attitudini necessarie di ogni testimonianza cristiana. Lo ha mostrato anche il primo Concilio della Chiesa cattolica in Cina, svoltosi a Shanghai 100 anni fa, nel 1924. Il 21 maggio un Convegno organizzato a Roma dalla Pontificia Università Urbaniana in collaborazione con Agenzia Fides ha fatto memoria di quell’importante Concilio.Come ha detto il Cardinale Luis Antonio Tagle, Pro-Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione , parlando del Concilio di Shanghai, l'annuncio del Vangelo non si identifica con una civiltà e una cultura, e proprio per questo protegge e promuove le ricchezze dei singoli popoli e delle loro culture. Perché la liberazione e la guarigione portata da Gesù sono un dono per tutti e per ciascuno, come ripete sempre Papa Francesco. ... Agenzia Fides 23 hr
Europa: infermieri sempre più rari e contesi CC BY-NC-ND  — Molti paesi europei si trovano a fare i conti con carenze di personale sanitario. In Grecia, Bulgaria e Italia il numero di infermieri è particolarmente basso: a fronte di salari bassi e condizioni di lavoro difficili, molti scelgono di trasferirsi all'estero ... Osservatorio Balcani e Caucaso 23 hr
Balcani occidentali, cooperazione fuori dal ghetto CC BY-NC-ND  — Con Ana Krstinovska, fondatrice e presidente del think tank “Estima” con sede a Bitola, in Macedonia del Nord, e ricercatrice della fondazione greca ELIAMEP, parliamo di sfide e potenzialità della cooperazione regionali nei Balcani occidentali. Un'intervista ... Osservatorio Balcani e Caucaso 1 d
Kamala Harris, l’anti-Trump CC BY-SA  — Le idee politiche di Kamala Harris su aborto, diritti lgbtqia+, economia, politica estera e immigrazione. ... Valigia Blu 1 d
OCEANIA/PAPUA NUOVA GUINEA - La guerra tribale non si ferma: nell’area della parrocchia di Kanduanum... CC BY  — Port Moresby – Bambini torturati, donne violentate. Poi l’uccisione e i corpi gettati nel fiume. È l’ultimo raccapricciante bilancio della guerra tribale che infuria oramai da mesi nei villaggi della Papua Nuova Guinea, nazione che tra poco più di un mese ospiterà Papa Francesco in quello che sarà il viaggio apostolico più lungo del suo pontificato.Ventisei i morti accertati. A perdere la vita, in una serie di attacchi avvenuti in tre villaggi situati nella provincia del Sepik orientale, nell’area settentrionale del Paese, donne e bambini. Solo pochi mesi fa, un’altra serie di attacchi fra tribù sconvolse la provincia di Enga, nel cuore della nazione, dove gli scontri sono divenuti sempre più letali a causa del significativo aumento delle armi da fuoco .Già in passato il governo nazionale aveva aumentato le operazioni, militari e non, per frenare queste violenze, senza molto successo. Negli ultimi anni, gli scontri tribali sono aumentati di intensità: si è passati dalle semplici armi da taglio ad armi automatiche e da fuoco. Allo stesso tempo, la popolazione del paese è più che raddoppiata dal 1980, provocando un aumentando delle tensioni per l’accesso alle risorse e alla terra, riaccendendo le rivalità tribali.E ora, mentre la nazione si prepara ad accogliere il Santo Padre, la terra si bagna nuovamente di sangue. Secondo quanto riferisce la polizia locale, i massacri sarebbero avvenuti in momenti diversi. Iniziati il 17 luglio, sono continuati per diversi giorni. La preoccupazione è che il bilancio delle 26 vittime possa essere maggiore. Il numero, infatti, è stato calcolato solo sulla base dei corpi ritrovati lungo il fiume. Ma, secondo le autorità, potrebbe anche raddoppiare. E non solo per la presenza di diversi animali selvatici carnivori. I tre villaggi sono stati distrutti e i sopravvissuti, si stima circa duecento persone, sono fuggiti nella foresta. E ora sono completamente abbandonati a loro stessi. Come appreso dall'Agenzia Fides, la direttrice nazionale della Caritas, Mavis Tito, è in costante dialogo con la Diocesi di Wewak per monitorare la situazione. Gli attacchi ai villaggi sono avvenuti infatti nell’area della parrocchia di Kanduanum: “Non si tratta di un caso isolato. Quello in corso è un conflitto tra quattro gruppi diversi che si sta accentuando sempre di più”. Le forze dell’ordine, precisa la direttrice della Caritas, “sono presenti in zona. Ma l’area non è di facile accesso e sono arrivati quando le violenze erano già finite. Purtroppo, nonostante ci sia un dispiegamento di forze dell’odine, il numero degli agenti è insufficiente per gestire questa situazione, sempre più instabile”. E se si considera che ad oggi, a distanza di quasi dieci giorni dagli attacchi, nessun aiuto è giunto sul posto, si rischia anche la catastrofe umanitaria: “Le persone fuggite nella foresta non hanno nulla. Non ci risultano poi aiuti di nessun tipo. Anche il centro di cura temporaneo è rimasto senza rifornimenti”.Sulla vicenda interviene anche l'alto commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Volker Türk, dichiarandosi “inorridito dallo scioccante scoppio di violenza mortale in Papua Nuova Guinea, apparentemente a causa di una disputa sulla proprietà e sui diritti di utilizzo della terra e dei laghi”. Dall’alto commissario dell'Onu arriva nuovamente l’invito, rivolto alle autorità locali e nazionali della Papua Nuova Guinea, “a svolgere indagini rapide, imparziali e trasparenti. Chiedo inoltre alle autorità di collaborare con i villaggi per comprendere le cause dei conflitti e quindi prevenire il ripetersi di nuove violenze”. Violenze che nascono per diversi motivi, come aveva già spiegato a Fides padre Giorgio Licini, missionario italiano del PIME e segretario della Conferenza episcopale cattolica di Papua Nuova Guinea e Isole Salomone: "Gli scontri tra gli indigeni, alcuni dei quali hanno avuto i primi contatti col mondo esterno solo 70 anni fa, possono essere dovuti a vari motivi, ma soprattutto dipendono dal controllo del territorio, nella loro cultura tradizionale molto sentito. Queste tensioni sono sostenute da membri dei vari gruppi emigrati nelle città dove hanno avviato un business e, per tanto, possono inviare armi o pagare mercenari". Gli scontri, sottolinea padre Licini, "avvengono in aree remote interne, rurali o di foresta, con un'alta incidenza di analfabetismo, caratterizzate da arretratezza culturale e sociale laddove, ad esempio, vigono pratiche di stregoneria e anche caccia alle donne ritenute streghe. In passato la situazione tra questi gruppi era più stabile. Oggi, con la mobilità e la globalizzazione, tutto è più caotico. Siamo in una fase di passaggio tra la antica cultura e una nuova identità, che però non è ancora solida e ben definita". I motivi delle violenze, dunque, sono da ricercare in questo processo di trasformazione culturale, sociale ed economica che sta coinvolgendo tutta la nazione. ... Agenzia Fides 1 d
L’Italia è il paese con più strutture ricettive turistiche in Europa CC BY-NC  — L'industria turistica è importante per alcuni territori dell'Unione Europea. Avere un'idea della grandezza questo settore è importante anche per l'analisi di fenomeni come il sovrappopolamento turistico di alcune aree del continente. L'articolo L’Italia è il paese con più strutture ricettive turistiche in Europa proviene da Openpolis. ... Openpolis 1 d
ASIA/INDONESIA - Il Direttore per gli Affari europei: "Indonesia e Santa Sede unite per portare al m... CC BY  — di Paolo AffatatoJakarta - "La visita del Papa in Indonesia è un momento storico per la nazione. Non ha solo un significato religioso, ma anche un significato civile e politico, nel senso più ampio del termine. E' la terza volta che un pontefice tocca il suolo indonesiano . Vediamo l'entusiasmo della popolazione. Ferve l'attesa dei cattolici in Indonesia, è chiaro, ma vediamo che l'entusiasmo è condiviso anche da tutti gli indonesiani", dice all'Agenzia Fides Widya Sadnovic, Direttore per gli Affari europei nel Ministero degli Esteri della Repubblica di Indonesia, in vista del viaggio apostolico che vedrà Papa Francesco in Indonesia dal 3 al 6 settembre prossimo, la prima di quattro tappe in quattro nazioni diverse.Uomo giovane e dinamico, il Direttore Sadnovic è personalmente coinvolto nel Comitato creato ad hoc per la preparazione della visita papale. "Incontri, messaggi, questioni da risolvere, mi impegnano 24 ore su 24", rivela con un sorriso che non fa pesare affatto il lavoro straordinario che porta avanti ogni giorno con apertura, competenza, buona volontà e ampia disponibilità. "Quello che noto negli incontri è la sensazione di piena e gioiosa accoglienza. Vedo funzionari del governo, membri della Chiesa indonesiana, esponenti del Vaticano, la Nunziatura apostolica, il Grande imam, tutti uniti per un unico obiettivo: tutti stanno cercando di fare la loro parte per rendere questa visita, un momento felice, un evento memorabile per la nazione".Sottolinea Sadnovic: "L'invito del presidente Joko Widodo al Santo Padre vi era già stato nel 2020. Poi la pandemia ha generato un rinvio. Ma il governo ha sempre messo molta attenzione a quell'idea e ha poi rinnovato l'invito. Ricordiamo che questa è una visita di stato, è anche la visita di un capo di stato, dunque vi sarà il benvenuto delle autorità statali, l'incontro bilaterale con il presidente, così come l'incontro del Papa con la comunità diplomatica e le altre autorità civili in Indonesia". Sarà un momento importante di incontro bilaterale tra Indonesia e Santa Sede, rileva il Direttore, "per ribadire la collaborazione e per condividere i nostri interessi comuni, soprattutto, direi, un aspetto centrale nella comunità internazionale in questo tempo: il messaggio di pace e tolleranza. Questo è un tema davvero importante per noi, nella nazione a maggioranza musulmana più popolosa al mondo". "Nel Ministero degli Affari esteri - riferisce - siamo particolarmente impegnati a curare i rapporti tra tutte le regioni. Da diversi anni il Ministero promuove programmi, seminari, iniziative di dialogo interreligioso con esponenti di oltre 30 paesi. E' una parte del nostro impegno ordinario. L'apparato dello stato facilita l'incontro tra leader religiosi sia in Indonesia, sia a livello del continente asiatico, per far sì che anche in altre nazioni l'incontro tra capi religiosi serva a nutrire e praticare il messaggio di pace e fratellanza. Anche il nostro ministro degli Esteri Retno Marsudi è pienamente in linea con questo messaggio e questo impegno. Il nostro Ministro è molto attivo nel cercare di risolvere i conflitti, nel promuove forme di mediazione e dialogo: i nostro obiettivi sono la risoluzione pacifica dei conflitti e il non smarrire l'umanità nei conflitti, ad esempio garantendo sempre e comunque l'assistenza umanitaria".Il direttore si sofferma sulla situazione interna dell'arcipelago delle 17mila isole: "Come sappiamo l'Indonesia è una nazione molto diversificata, ricca di religioni diverse, gruppi etnici, lingue e tradizioni diverse. E noi lavoriamo per l'unità nella diversità. Questa diversità va curata e l'unità non bisogna mai darla per scontata. Dobbiamo fare attenzione, coltivarla, viverla e portarla con noi per condividerla con il prossimo", nota. Dall'Indonesia, a cerchi concentrici, verso l'intera umanità: "Pensiamo anche che questo messaggio di pace, che viene dall'Indonesia, possa diffondersi in altre parti del mondo che hanno bisogno di pace, a partire dal Sudest asiatico, fino all'intero continente, per giungere a tutto il mondo. Vediamo con sofferenza e amarezza i molti contesti di conflitto, ora anche in Europa, basti pensare all'Ucraina, o in Medio Oriente. Credo che questo aspetto potrebbe emergere nelle conversazioni tra il Santo Padre e il presidente dell'Indonesia: la presenza del Papa, leader religioso e le capo di stato, ricorderà a tutti i politici e a tutti i popoli l'urgenza di diffondere e praticare la pace".Da funzionario di stato, Widya Sadnovic si dice "colpito perché posso constatare che le parole di Papa Francesco sono spesso citate nei mass-media indonesiani, sono conosciute e riprese non solo da esponenti cattolici, ma anche dai rappresentanti del governo, da leader musulmani e da commentatori. E' impressionante per noi. Leggendo alcuni di questi messaggi e insegnamenti del Papa, ritroviamo accenti e temi che sono particolarmente vicini allo spirito e dell'anima o dell'Indonesia, come quello della fraternità, della tolleranza, dell'accoglienza dell'altro e della pace. La pace è un compito che nessuno può portare avanti da solo: si costruisce attraverso la comunicazione, attraverso il dialogo. Lo vedremo in modo concreto nell'incontro del Papa con il Ministro degli Affari Religiosi, con il Grande Imam della moschea Istiqlal e con gli altri leader religiosi, che avrà grande forza simbolica. Sono incontri che mostrano una strada, indicano uno stile di relazione umana. Non sarà certo un gesto fine a se stesso, o solo formale: sarà bensì la prova che quella fraternità, quella tolleranza, quella accoglienza, quel dialogo sono impegni che bisogna portare avanti ogni giorno, nella politica, nella società, nelle comunità religiose, in tutto il mondo, per il bene dell'intera umanità". ... Agenzia Fides 1 d
AFRICA/MALI - Rinuncia e nomina dell’Arcivescovo Metropolita di Bamako CC BY  — Città del Vaticano - ll Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi Metropolitana di Bamako presentata dall’Em.mo Card. Jean Zerbo. Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo Metropolita della medesima Arcidiocesi S.E. Mons. Robert Cissé, finora Vescovo di Sikasso.S.E. Mons. Robert Cissé è nato il 7 luglio 1968 a Bamako. Ha studiato Filosofia presso il Seminario Maggiore Saint Augustin di Bamako e Teologia presso il Seminario Maggiore St. Pierre Claver di Koumi, in Burkina Faso.Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 10 luglio 1993 a Koutiala, incardinandosi nella Diocesi di Sikasso.Ha ricoperto i seguenti incarichi e svolto ulteriori studi: Vicario Parrocchiale e Parroco di Sikasso ; Responsabile della Commissione Diocesana per le Vocazioni ; Cappellano del Laicato ; Direttore Nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Mali ; Vicario Generale di Sikasso ; Dottorato in Filosofia presso la Pontificia Università Urbaniana di Roma ; Decano della Facoltà di Filosofia all’Université Catholique de l’Afrique de l’Ouest e Rettore ad interim del Seminario Maggiore Saint Augustin, di Bamako .Il 14 dicembre 2022 è stato nominato Vescovo di Sikasso ed ha ricevuto l’ordinazione episcopale l’11 febbraio 2023. ... Agenzia Fides 1 d
AFRICA/COSTA D'AVORIO - Nomina dell’Arcivescovo Metropolita di Bouaké CC BY  — Città del Vaticano - Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo Metropolita dell’Arcidiocesi Metropolitana di Bouaké , S.E. Mons. Jacques Assanvo Ahiwa, finora Amministratore Apostolico della medesima Arcidiocesi.S.E. Mons. Jacques Assanvo Ahiwa è nato il 6 gennaio 1969 a Kuindjabo, nel Distretto di Aboisso, Diocesi di Grand-Bassam. Dopo aver completato la formazione presso il Seminario Minore di Bouaké ed il Seminario Maggiore Saint Cœur de Marie di Anyama, è stato ordinato sacerdote il 13 dicembre 1997, per la Diocesi di Grand Bassam.Ha ricoperto i seguenti incarichi: Vicario Parrocchiale di San François Xavier, Aboisso ; Segretario Generale della Diocesi di Grand-Bassam e Direttore Diocesano delle Pontificie Opere Missionarie ; Master in Teologia Biblica presso l’Université Catholique de l’Afrique de l’Ouest ; Dottorato in Teologia Biblica a Strasburgo ; Vicario Generale di Grand Bassam ; Maître de conférences presso l’University of Strasbourg .Il 5 maggio 2020 è stato eletto Vescovo titolare di Elefantaria di Mauritania e Ausiliare di Bouaké, ha ricevuto la consacrazione episcopale il 3 ottobre successivo e, dal 2024, è Amministratore Apostolico della medesima Arcidiocesi. ... Agenzia Fides 1 d
AMERICA/PERU' - Sentire, imparare, camminare insieme nella costruzione della ‘monifue’: prima Assemb... CC BY  — San José del Amazonas - “Rafforzare il dialogo interculturale con il fine di camminare insieme verso la monifue e costruire una Chiesa più vicina alla realtà dei popoli indigeni”. E’ quanto si sono proposti i rappresentanti dei popoli nativi dell'Amazzonia peruviana, riuniti insieme ai missionari della Consolata nella Prima Assemblea dei Popoli Nativi. Si tratta di una ‘sfida’ – dichiarano i IMC - rivolta alle Chiese locali che dovranno riflettere quotidianamente e concretamente su come camminare insieme a questi popoli nel qui e ora.Secondo una nota dei Missionari della Consolata, i rappresentanti di sei missioni del Vicariato Apostolico di San José del Amazonas che convivono direttamente con i popoli indigeni, assieme ad alcuni membri del personale amministrativo, si sono incontrati, nel villaggio di Angoteros, per condividere le comuni preoccupazioni ed esperienze su come dare passi concreti verso una opzione preferenziale per i popoli indigeni.“Siamo consapevoli che ciò richiede una conversione nelle forme, metodi, tempi, ritmi, lingua e spiritualità” dichiarano. Si è quindi consolidata la proposta di tenere una prima Assemblea dei Popoli Indigeni con i missionari che liberamente desideravano far parte di questo processo: sentire, imparare, camminare con loro, insieme nella costruzione di quella pienezza di vita che nel nostro caso si basa sulla gratuità e l'interculturalità.” L'obiettivo era offrire uno spazio di dialogo tra culture che permettesse di conoscersi, valorizzarsi, camminare insieme e seminare la parola di vita dalla loro saggezza.Nell’Amazzonia peruviana vivono 51 popoli nativi, di cui nove si trovano nel Vicariato; una Chiesa particolare che nel corso dei suoi anni ha camminato e navigato a fianco delle popolazioni indigene.“Per i popoli indigeni il termine monifue significa abbondanza e questa prima assemblea rappresenta proprio questo: il raccolto di questa grande chacra seminata nella diversità che non ha mai rappresentato una minaccia ma una promessa. È stato significativo vedere i Kichwa dell’Ecuador assieme a quelli del Perù; i Murui della Colombia con i Murui–Uitoto del Perù” dice p. José Fernando Flórez Arias, IMC, missionario nel Vicariato di San José del Amazonas. “Gli Stati nazionali volevano dividere, ma non potevano spezzare la spiritualità dello stesso popolo. E questo rappresenta anche un appello alle Chiese chiamate a camminare insieme, incontrarsi e riconoscersi. Nell’Amazzonia non si tratta di starci ma di saperci stare. Il territorio ha bisogno di missionari gioiosi, aperti all'ascolto, alla parola, al mistero”.Il Sinodo per l'Amazzonia, celebrato nell’ottobre del 2019, proponeva nuove modalità nelle relazioni fra Chiesa cattolica e territorio, culture e vita ancestrale. Occorre dunque camminare con i criteri di Papa Francesco che, a Puerto Maldonado, aveva detto alle popolazioni indigene “aiutate i vostri missionari a diventare una cosa sola con voi” . ... Agenzia Fides 1 d
Zecovi, un'amara giustizia CC BY-NC-ND  — Il 25 luglio 1992 veniva compiuto un eccidio nel villaggio di Zecovi in Bosnia Erzegovina. Ci sono voluti 31 anni per emettere una sentenza di condanna di primo grado di cinque fra gli accusati. Nel massacro, uccisi ben 29 familiari compresi moglie e due figli piccoli di Fikret Bačić, ancora dispersi ... Osservatorio Balcani e Caucaso 1 d
OCEANIA/PAPUA NUOVA GUINEA - Preparazione spirituale, preghiera e incontri dei fedeli in vista del v... CC BY  — Port Moresby – Preghiere, riflessioni e momenti di confronto. I sacerdoti della Papua Nuova Guinea si preparano a vivere così il viaggio apostolico di Papa Francesco. Il Pontefice, in quello che è stato definito "il viaggio papale dei record", si fermerà nel Paese per poco più di 48 ore. L’agenda però è fitta di impegni e, nonostante la stragrande maggioranza degli abitanti sia protestante , ferve l’attesa per questo evento storico. L’ultimo Papa a visitare la Papua Nuova Guinea fu Giovanni Paolo II nel 1995. Francesco sarebbe dovuto andarci già quattro anni fa, ma l’arrivo della pandemia bloccò tutto. Fin dall’annuncio del viaggio, parrocchie e comunità si sono adoprate per proporre ai fedeli momenti di preghiera e incontri di catechesi e di formazione che aiutino i cristiani – e non solo – a comprendere i motivi per cui il maggior esponente della Chiesa cattolica, che non solo è un leader spirituale ma è anche un Capo di Stato, viene in visita non solo nella capitale, Port Moresby, ma anche Vanimo, piccola cittadina che conta poco meno di 10mila abitanti dove vi è una comunità cattolica fiorente, ricca di missionari, diversi dei quali sono argentini.“La gente è curiosa e vuole saperne di più", aveva detto all'Agenzia Fides padre Victor Roche, missionario indiano della Società del Verbo Divino e attualmente Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Papua Nuova Guinea. Ma per preparare i fedeli anche i sacerdoti hanno bisogno di incontrarsi, di riflettere, di prepararsi spiritualmente. E così il tradizionale ritiro spirituale del clero di Port Moresby, guidato dal cardinal John Ribat, M.S.C., Arcivescovo di Port Moresby, e predicato da Dariusz Kaluza MSF, Vescovo di Bougainville, è diventato l’occasione per confrontarsi e pregare sulle tante iniziative che da qui alla visita del Papa avranno luogo. Perché se è vero che “la gente vuole saperne di più”, è necessario saper trasmettere bene la bellezza di un viaggio papale in un contesto particolare. Stando ai dati ufficiali, la Papua Nuova Guinea è sul podio per la percentuale di popolazione più bassa che vive in città: il 13,2% . Se si considera che l’isola ha un tasso di urbanizzazione pari al 2,51% e che gran parte della popolazione è analfabeta, diventa ancora più importante la formazione dei sacerdoti. In tutta la nazione, secondo l'Annuario Statistico della Chiesa 2021, si contano 304 diocesani e 295 religiosi. ... Agenzia Fides 2 d
“I siriani festeggiano quando i generali russi coinvolti in crimini di guerra in Siria sono uccisi i... CC BY-SA  — Intervista a Leila Al-Shami: autrice e attivista britannico-siriana, ha lavorato nel campo dei diritti umani in Siria, partecipa a movimenti di solidarietà internazionale ed è autrice del libro "Burning country. Syrians in revolution and war" insieme Robin Yassin-Kassab. È diventata nota anche per le sue critiche al cosiddetto "antimperialismo idiota" della sinistra occidentale. ... Valigia Blu 2 d
UE, riformare la coesione CC BY-NC-ND  — La politica di coesione UE non sempre riesce a sostenere in modo efficace lo sviluppo economico nei suoi stati membri. Prima che si apra il suo prossimo ciclo, iniziano a circolare una serie di proposte di riforma ... Osservatorio Balcani e Caucaso 2 d
Profughi ucraini, la sfida dell'accoglienza CC BY-NC-ND  — I paesi dell'Europa centro-orientale hanno accolto moltissime persone in fuga dalla guerra in Ucraina. La maggior parte dei rifugiati si dice soddisfatta dell'assistenza ricevuta, ma quasi la metà di loro si trova al di sotto della soglia di povertà ... Osservatorio Balcani e Caucaso 2 d
Gli annunci del governo sul Pnrr e i rischi di fallimento CC BY-NC  — I dati sono un ottimo modo per analizzare fenomeni, raccontare storie e valutare pratiche politiche. Con Numeri alla mano facciamo proprio questo. Una rubrica settimanale di brevi notizie, con link per approfondire. Il giovedì alle 7 in onda anche su Radio Radicale. Leggi “La revisione del Pnrr e il rischio di perdere una parte dei fondi“. […] L'articolo Gli annunci del governo sul Pnrr e i rischi di fallimento proviene da Openpolis. ... Openpolis 2 d
Maltempo in Lombardia, per il vento fortissimo a Legnano un albero cade sull'auto di un uomo: lievi ... CC BY-NC-ND   La Stampa 2 d
Violento temporale a Monza: un albero cade su una casa e distrugge la facciata CC BY-NC-ND   La Stampa 2 d
Maltempo in Lombardia, il cielo scompare tra grandine e vento: le immagini spaventose tra alberi cad... CC BY-NC-ND   La Stampa 2 d
Tornado, nubifragi e grandine al Nord: una donna morta a Lissone, in Brianza. Temperature da record ... CC BY-NC-ND  —  L’Italia è divisa in due. Basta guardare le temperature e l’indice di umidità relativa per capire come la situazione meteorologica stia dividendo il paese. Piogge torrenziali, ... La Stampa 2 d
Dal discredito alla censura: quando il potere attacca la stampa latinoamericana CC BY  — Tramite le loro campagne contro i media indipendenti, i governi di diversi paesi latinoamericani stanno cominciando a minacciare la libertà di stampa ... Global Voices 2 d
Gli incendi fanno paura alla Grecia, le fiamme avvolgono anche Corfù: evacuati 17 villaggi. Riprende... CC BY-NC-ND  —  Rimane ancora molto complicata la situazione in Grecia, dove nella notte i vigili del fuoco hanno lottato per diverse ore per contenere ben 82 incendi in tutta la Grecia, 64 dei quali sono cominciati proprio ieri, il giorno più caldo dell'estate f ... [Continua a leggere sul sito.] ... La Stampa 2 d
ASIA/PAPUA NUOVA GUINEA - Preparazione spirituale, preghiera e incontri dei fedeli in vista del viag... CC BY  — Port Moresby – Preghiere, riflessioni e momenti di confronto. I sacerdoti della Papua Nuova Guinea si preparano a vivere così il viaggio apostolico di Papa Francesco. Il Pontefice, in quello che è stato definito "il viaggio papale dei record", si fermerà nel Paese per poco più di 48 ore. L’agenda però è fitta di impegni e, nonostante la stragrande maggioranza degli abiti sia protestante , ferve l’attesa per questo evento storico. L’ultimo Papa a visitare la Papua Nuova Guinea fu Giovanni Paolo II nel 1995. Francesco sarebbe dovuto andarci già quattro anni fa, ma l’arrivo della pandemia bloccò tutto. Fin dall’annuncio del viaggio, parrocchie e comunità si sono adoprate per proporre ai fedeli momenti di preghiera e incontri di catechesi e di formazione che aiutino i cristiani – e non solo – a comprendere i motivi per cui il maggior esponente della Chiesa cattolica, che non solo è un leader spirituale ma è anche un Capo di Stato, viene in visita non solo nella capitale, Port Moresby, ma anche Vanimo, piccola cittadina che conta poco meno di 10mila abitanti dove vi è una comunità cattolica fiorente, ricca di missionari, diversi dei quali sono argentini.“La gente è curiosa e vuole saperne di più", aveva detto all'Agenzia Fides padre Victor Roche, missionario indiano della Società del Verbo Divino e attualmente Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Papua Nuova Guinea. Ma per preparare i fedeli anche i sacerdoti hanno bisogno di incontrarsi, di riflettere, di prepararsi spiritualmente. E così il tradizionale ritiro spirituale del clero di Port Moresby, guidato dal cardinal John Ribat, M.S.C., Arcivescovo di Port Moresby, e predicato da Dariusz Kaluza MSF, Vescovo di Bougainville, è diventato l’occasione per confrontarsi e pregare sulle tante iniziative che da qui alla visita del Papa avranno luogo. Perché se è vero che “la gente vuole saperne di più”, è necessario saper trasmettere bene la bellezza di un viaggio papale in un contesto particolare. Stando ai dati ufficiali, la Papua Nuova Guinea è sul podio per la percentuale di popolazione più bassa che vive in città: il 13,2% . Se si considera che l’isola ha un tasso di urbanizzazione pari al 2,51% e che gran parte della popolazione è analfabeta, diventa ancora più importante la formazione dei sacerdoti. In tutta la nazione, secondo l'Annuario Statistico della Chiesa 2021, si contano 304 diocesani e 295 religiosi. ... Agenzia Fides 2 d
Terremoti: scossa di magnitudo 3.1 in provincia di Catania CC BY-NC-ND  —  Una scossa di terremoto di magnitudo 3.1 è stata registrata alle 5:01 sulle pendici dell'Etna, in provincia di Catania. Secondo i dati dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), il sisma ha avuto ipocentro a 4 chilometri di profon ... [Continua a leggere sul sito.] ... La Stampa 2 d
Le Langhe come colline da datteri? Ecco cosa dice il caldo delle ultime sei estati CC BY-NC-ND  —  Mentre l’ennesima bolla calda africana a stento si attenua, in un’intervista a La Stampa Luca Mercalli agita lo spauracchio di una Langa destinata a diventare collina di datteri piuttosto che di vigna. Certo, è una provocazione per smuove ... [Continua a leggere sul sito.] ... La Stampa 2 d
Il soldato King fugge in Corea del Nord: l’eterna tentazione di superare i confini CC BY-NC-ND  —  Una storia universale è quella di Trav ... [Continua a leggere sul sito.] ... La Stampa 2 d
I droni esplodono a pochi passi dalla sede degli hacker del Gruppo “Fancy Bear”, legati ai servizi m... CC BY-NC-ND  —  La vera notizia è che i droni che questa mattina alle quattro hanno colpito alcuni edifici ... [Continua a leggere sul sito.] ... La Stampa 2 d
ASIA/INDONESIA - L'Arcivescovo di Kupang: per incontrare il Papa i fedeli indonesiani andranno a Tim... CC BY  — di Paolo AffatatoKupang - Il cancello della sua residenza, una villetta a un piano nel centro della città di Kupang, è sempre aperto, anche nottetempo. E così la porta della sua dimora. All'uscio di casa di Hironimus Pakaenoni, dal marzo 2024 Arcivescovo metropolita di Kupang, bussano ed entrano senza alcuna formalità sacerdoti, missionari, singoli fedeli che vogliono condividere una gioia o una sofferenza. Padre Raymond Maurus Ngatu, 31 enne novello prete indonesiano, della congregazione dei Missionari dei Santi Apostoli, ci va per chiedere una benedizione alla vigilia della celebrazione della sua prima messa in una parrocchia di Kupang, sua città natia: poi ripartirà per una missione a Pontianak, nel Borneo indonesiano. L'Arcivescovo dispensa sorrisi e consigli, elargisce benedizioni, soprattutto dice una parola e un segreto per quell'opera missionaria: "Confidare sempre in Dio, non in noi stessi. Essere strumenti nelle sue mani".Kupang è il maggior centro urbano presente sulla parte occidentale dell'isola di Timor , ed è capoluogo della provincia indonesiana di Nusa Tenggara Orientale. Con oltre 430mila abitanti, è una tipica città portuale asiatica, piuttosto caotica, un miscuglio di gente sempre indaffarata, un luogo di passaggio, tra commercianti e pescatori che curano traffici di merci dirette a molte altre isole dell'Indonesia orientale. E la diocesi di Kupang è una delle poche che in Indonesia - la nazione delle 17mila isole, il paese a maggioranza musulmana più popoloso al mondo - include una popolazione a maggioranza cristiana. La popolazione locale è al 60% cristiana protestante, per circa il 35% cattolica e solo per il 3-4% musulmana. L'Arcivescovo "Roni" - così ama farsi chiamare dai preti e dai fedeli - è felice per aver da poco celebrato l'ordinazione diaconale di 14 giovani che "a Dio piacendo diverranno presto sacerdoti, 12 di loro a novembre" racconta all'Agenzia Fides nella sua residenza. "E quattro di loro - sottolinea - già sanno che saranno 'missionari domestici', come chiamiamo i preti inviati a svolgere servizio in altre diocesi indonesiane, là dove c'è bisogno di sacerdoti e religiosi, come a Sumatra, in Kalimantan o nella Papua indonesiana", racconta, parlando con gioia della "solidarietà tra le diocesi indonesiane". Le 35 parrocchie del territorio di Kupang , dice l'Arcivescovo, "registrano un afflusso e la partecipazione massiccia dei fedeli alla vita della Chiesa e ai sacramenti. La fede è viva, lo vediamo soprattutto tra i giovani. Lo vediamo dalle vocazioni al sacerdozio che il Signore continua a donarci: nel Seminario minore abbiamo oltre 100 ragazzi, e 90 nel Seminario maggiore. Il Vangelo continua ad attrarre i giovani", riferisce, mentre la Chiesa locale gestisce oltre 90 scuole cattoliche, dalle elementari alle superiori, anche grazie all'aiuto di 53 congregazioni religiose , tra maschili e femminili, attive nel territorio. Ebbene, questa comunità, racconta l'Arcivescovo, sta escogitando una "via breve" al fine di incontrare Papa Francesco, che sarà in Indonesia dal 3 al 6 settembre e che sarà in Asia e Oceania dal 2 al 13 settembre, per un viaggio che toccherà, nel complesso, quattro nazioni . "Non lo vedranno tanto a Jakarta, la capitale, dove il Papa si fermerà tre giorni - rileva - bensì a Dili, a Timor Est, dall'altra parte della frontiera. Secondo le previsioni, circa 10mila fedeli, dalle diocesi di Kupang e Atambua , si sposteranno verso l'altra parte dell'isola, per partecipare alla messa nella spianata di Tesitolu, a Dili", conferma a Fides mons. Pakaenoni.E' più facile raggiungere Timor Est, circa 10 ore di pullman da Kupang, piuttosto che organizzare un costoso viaggio verso Jakarta dove, tra l'altro, l'organizzazione ha convocato circa 100 delegati da ogni diocesi. I fedeli di Timor ovest godono, allora, di una speciale opportunità: Papa Francesco sarà nella loro stessa isola, anche se nella piccola nazione confinante."Stiamo collaborando con il governo indonesiano per aiutare i cattolici a partecipare alla visita del Papa a Dili. Abbiamo chiesto a sacerdoti, suore e fedeli di registrarsi nelle parrocchie. E la diocesi ha preso accordi con l'ufficio immigrazione per elaborare i documenti di viaggio. Molti fedeli non hanno il passaporto e sarà appositamente predisposto per loro un permesso speciale, solo per il pellegrinaggio. Oppure i funzionari hanno promosso una procedura speciale con il rilascio del passaporto entro tre giorni, invece delle solite due settimane", informa il Presule. Alcuni fedeli verranno anche dalle vicine isolette di Rote, Alor e Sabu. A Dili, capitale di Timor Est - dove Papa Francesco si fermerà dal 9 all'11 settembre, dopo le tappe in Indonesia e in Papua Nuova Guinea - si prevede allora la presenza anche di fedeli indonesiani. "C'è pieno accordo con la Conferenza episcopale di Timor Est. Si dovrà provvedere all'accoglienza , all'ospitalità e al sostentamento dei pellegrini indonesiani. L'organizzazione si è messa in moto", rivela l'Arcivescovo.Papa Francesco celebrerà la messa il 10 settembre nella spianata di Tesitolu, alla periferia di Dili, nel medesimo luogo dove Papa Giovanni Paolo II celebrò una messa durante la sua visita nel 1987, quando Timor Est era sotto il dominio indonesiano. Le ferite di quel passato sono state quasi del tutto sanate da un cammino di riconciliazione, basato su un percorso tanto psicologico, di guarigione dei traumi, quanto spirituale. Ma vi sono ancora segni e cicatrici che sanguinano. Dopo il 1999, quando Timor Est con un referendum sotto l'egida Onu dichiarò la propria indipendenza, vi fu un tempo di tensione e confusione, segnato da violenze e massacri delle milizie filo-indonesiane. Anche negli anni seguenti, un flusso di sfollati fuggì da Timor Est e si riversò ad Atambua e Kupang, dati i disordini. I rifugiati furono 250mila persone che poi, gradualmente, rientrarono a Timor Est negli anni successivi. In quel frangente storico la comunità cattolica a Kupang si fece vicina agli sfollati con iniziative di solidarietà, distribuzione di cibo e assistenza sanitaria.Ora, secondo l'Arcivescovo, a quella dolorosa vicenda Dio offre un'occasione: "La presenza del Papa potrà sancire e suggellare il cammino di riavvicinamento e riconciliazione. La sua è una visita non solo per i cattolici ma per tutta la popolazione. Va detto che tra le Chiese di Timor Ovest e Timor Est non c'è alcun problema e siamo in piena comunione. Alcune difficoltà e sofferenze esistono ancora in segmenti della popolazione, nelle famiglie che hanno perso dei cari nelle violenze e vedono ancora i carnefici dall'altra parte della frontiera. Io credo che la vista di Papa Francesco sia provvidenziale. Potrà essere un momento di grazia speciale, un kairòs anche per la riconciliazione tra famiglie segnate da lutti. Potrà essere un momento di richiesta e accoglienza di perdono, nella fede in Dio che sana le ferite. Vedo che tra la gente c'è buona volontà e noi, come cattolici, possiamo essere mediatori e facilitatori in questo processo che sappiamo è difficile, in quanto coinvolge le emozioni e l'interiorità. Per questo chiediamo l'aiuto di Dio e confidiamo in Lui". ... Agenzia Fides 2 d
Orbán, il messaggero di Trump contro l’Unione Europea CC BY-SA  — Le iniziative intraprese da Orbán dopo che l'Ungheria ha cominciato il suo periodo di presidenza del Consiglio europeo hanno creato tensioni, a causa di come Orbán sta usando il ruolo per la propria agenda politica da "messaggero di Trump". ... Valigia Blu 2 d
Caucaso e Nato: esercitazioni sì, esercitazioni no CC BY-NC-ND  — Dopo la sconfitta in Karabakh e la delusione nei suoi tradizionali rapporti di alleanza con la Russia, Yerevan intensifica la cooperazione militare con gli Stati Uniti e partecipa al summit NATO, mentre la Georgia vede sospesa la consueta esercitazione Noble Partner ... Osservatorio Balcani e Caucaso 2 d
Priama Diia, mobilitazioni studentesche nell'Ucraina in guerra CC BY-NC-ND  — Si chiama Priama Diia (Azione diretta) ed è un collettivo studentesco di ispirazione anarchica. Molto attivo nonostante la guerra e la legge marziale, organizza manifestazioni con l'intento di rivitalizzare la comunità studentesca traumatizzata dal conflitto ... Osservatorio Balcani e Caucaso 2 d
È Queer la festa di Murgia & family CC BY-NC-ND  —  Come molte e molti, ho aspettato che su Instagram uscissero le storie che raccontano la festa nel giardino di Michela Murgia, che è un giardino cercato e desiderato con amore: del resto, la storia di Michela e della sua famiglia queer questo è, un ... [Continua a leggere sul sito.] ... La Stampa 3 d
L’Onu e gli errori sulla fame nel mondo: adesso fermi davvero le multinazionali CC BY-NC-ND  —  Per sfamare otto miliardi di persone, e in prospettiva dieci, la strada è tanto chiara quanto rivoluzionaria: smettere di inseguire il profitto e cominciare a difendere la produzione alimentare, la terra da cui essa dipende e le persone che la col ... [Continua a leggere sul sito.] ... La Stampa 3 d
Se nessuno scrive romanzi digitali CC BY-NC-ND  —  Odisseo vaga nel Mediterraneo senza riuscire a tornare a Itaca dopo l’assedio di Troia. Edmond Dantès riappare per vendicarsi dei suoi nemici nei panni del misterioso conte di Montecristo. In giro per Londra la signora Dalloway ritrova due amici c ... [Continua a leggere sul sito.] ... La Stampa 3 d
Quel dolore che scende nel corpo dei ragazzi CC BY-NC-ND  —  Lo studio di Magda di Renzo è pieno di giocattoli. Laureata in Filosofia, Logopedia e Psicologia, analista junghiana, è responsabile del servizio di Psicoterapia dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’istituto di Ortofonologia di Roma, dove mi rice ... [Continua a leggere sul sito.] ... La Stampa 3 d
La fobia dello straniero nell’Italia che muore CC BY-NC-ND  —  Alla grande conferenza di Roma su svil ... [Continua a leggere sul sito.] ... La Stampa 3 d
Meloni all’estero col vestito nuovo CC BY-NC-ND  —  Ci sono tutti i limiti, in termini di tempo (gli sbarchi sono oltre quota 80mila) e di avvio di un “piano per l’Africa”, di cui dovrebbe far parte questo benedetto “piano Mattei”, più volte annunciato, che abbia la consistenza di quello varato da ... [Continua a leggere sul sito.] ... La Stampa 3 d
Il centro non basta più CC BY-NC-ND  —  Stamattina la Spagna si sveglia senza un governo certo, con Alberto Núñez Feijóo vittorioso di misura ma senza maggioranza neppure in coalizione con Vox, grande sconfitto dal voto; l’Europa si interroga sulla prova generale delle elezioni europee ... [Continua a leggere sul sito.] ... La Stampa 3 d
Sospeso 140 metri sopra la diga, l'impresa del funambolo: la più lunga camminata con contrappesi uma... CC BY-NC-ND   La Stampa 3 d
Singapore: tre attiviste denunciate per manifestazione “illegale” pro-Palestina CC BY  — "Anche consegnare una lettera alla residenza presidenziale è un diritto dei cittadini, e in quanto tale dev'essere rispettato e tutelato". ... Global Voices 3 d
ASIA/INDONESIA - Nel "tunnel della fraternità" che collega la cattedrale e la moschea, in attesa di ... CC BY  — di Paolo AffatatoJakarta - I pellegrini non ancora lo attraversano perchè il "tunnel della fraternità", come è stato ribattezzato, sarà inaugurato ufficialmente nel prossimo autunno. Ma l'opera è già stata completata e attende solo di essere aperta al pubblico, in special modo ai fedeli cristiani e musulmani, che già ne sono entusiasti. Si tratta del sottopasso che collega la cattedrale cattolica di Jakarta alla moschea Istiqlal, edificio prospiciente al tempio cristiano. Nel cuore della capitale dell'Indonesia, proprio in piazza dell'indipendenza - luogo di notevole valore per l'identità nazionale - le due imponenti strutture si guardano benevolmente l'un l'altra a distanza ravvicinata, quasi a specchiarsi l'una nell'altra, frutto di una scelta architettonica e urbanistica che, fin dalle origini, volle intendere e simboleggiare una comunanza di intenti, una visione di convivenza che è radicata nella nazione indonesiana.Questa visione è stata ulteriormente rafforzata dall'edificazione e dal restauro di quel sottopasso che, grazie all'idea del presidente indonesiano Joko Widodo - ora presidente uscente, lascerà proprio in autunno al successore, il neoeletto Prabowo Subianto - è diventato il simbolo di osmosi, via per lo scambio continuo di visite, un percorso di amicizia umana e spirituale che caratterizza, in definitiva, il volto della grande metropoli e tutta la vasta e plurale società indonesiana. In principio fu la cattedrale, edificio neogotico costruito nella prima metà del 1800 dopo che il Commissario generale di Batavia della Compagnia olandese delle Indie orientali concesse il terreno per costruire una chiesa cattolica, che nel 1829 venne intitolata "Nostra Signora dell'Assunzione". Dati alcuni problemi strutturali, l'edificio venne ricostruito nell'ultimo decennio del secolo: tra il 1891 e il 1901 padre Antonius Dijkmans, SJ ne curò la nuova struttura architettonica e, grazie al contributo dell'architetto M.J. Hulswit, la nuova chiesa fu consacrata da mons. Edmundus Sybrandus Luypen, SJ, Vicario apostolico di Batavia, il 21 aprile 1901. Dopo il recente restauro concluso nel 2002 , la chiesa mostra tutto il suo splendore e costituisce un punto di riferimento per pellegrinaggi da tutta l'Indonesia. In fondo alla navata destra, una statua della Pietà è luogo di intensa preghiera. Marta, docente quarantenne dice a Fides che "viene ad affidare tutte le sue difficoltà e sofferenze, perchè Maria e Gesù possano accoglierle, donando consolazione e forza". Nell'interno della chiesa spicca oggi uno speciale "counter", un dispositivo elettronico che segna sul display “- 59” ovvero i giorni che mancano alla visita di Papa Francesco proprio in cattedrale. E, a vegliare sui fedeli, a sinistra dell’altare maggiore vi è la statua di “Maria, madre di tutte le etnie”, immagine realizzata nel 2015 per donare alla Madonna tratti “più familiari” ai fedeli d’Indonesia, poi adottata dall'Arcivescovo di Jakarta, il Cardinale Ignatius Suharyo, come emblema dell’unità nazionale. La Vergine indossa un abito tradizionale giavanese chiamato "kebaya". Sul suo petto campeggia il “Garuda Pancasila”, uccello che è tradizionale simbolo dell’Indonesia, mentre il capo è ornato di un velo bianco e rosso, i colori della bandiera indonesiana, che indicano anche i valori di coraggio e santità. Sulla corona è raffigurata una mappa del Paese che si affida alla protezione di Maria e che accoglierà papa Francesco chiedendo la sua benedizione.Al silenzio dell'interno fa da contrappunto il festoso chiasso al di fuori della chiesa: i bambini di una scuola cristiana protestante di Nord Jakarta, accompagnati da genitori e docenti, celebrano allegramente la loro visita alla chiesa e al museo annesso, tappa di un pellegrinaggio nei luoghi sacri della città. Accanto a loro, i ragazzi della parrocchia cattolica di San Domenico a Bekasi , impegnati nel movimento della “Infanzia missionaria”, nelle locali Pontificie Opere Missionarie, passano una giornata di ritiro spirituale nel complesso della cattedrale: il loro motto è "avere fede e donare Gesù" a tutti coloro che incontrano.Altrettanto gremita, luogo di socializzazione e di riposo, per molti meta di una gita domenicale, è la moschea Istiqlal, moderna e maestosa struttura edificata per commemorare l'indipendenza indonesiana e chiamata "Istiqlal" che significa, appunto, in arabo "indipendenza" o "libertà". Bambini, giovani, donne, anziani, famiglie intere giunte per un pic-nic, passano un momento di relax nell’ampio spazio fuori dal tempio o nel suo accogliente cortile che, con i suo portici, offre un po’ di riparo dalla calura della stagione secca. I fedeli musulmani, come da tradizione, lasciano poi le calzature e si addentrano nella immensa sala di preghiera, chinandosi in adorazione sul tappeto rosso che ricopre il pavimento, tra imponenti pilastri argentei e la cupola che cattura uno spazio a perdita d’occhio. Anche se non c'è una celebrazione speciale gli altoparlanti rimandano la predicazione del grande Imam K.H. Nasaruddin Umar. L’uomo, nei mesi scorsi - ricevuta una conferma ufficiosa - non ha saputo trattenere la gioia e - spiazzando sia il governo sia la Conferenza episcopale cattolica dell’Indonesia - ha dato per primo ai mass-media l'annuncio che Papa Francesco sarebbe venuto a visitare il suo tempio, dove il pontefice avrà un incontro con i leader religiosi di varie fedi. "Il messaggio di Papa Francesco è anche la missione della moschea Istiqlal, cioè trasmettere umanità, spiritualità e civiltà, senza distinzioni tra religione, etnia, lingua. L'umanità è una sola", ha detto serafico, esprimendo l’attesa e la soddisfazione della comunità musulmana di Jakarta per l'arrivo del pontefice. L’idea di costruire quella casa di culto nacque nel 1949 da Wahid Hasyim, allora Ministro per gli affari religiosi. La commissione per l’edificazione fu istituita nel 1953, sotto la supervisione del primo presidente indonesiano Sukarno, che volle costruire la moschea a piazza Merdeka . Il presidente e tutti i membri del governo, inoltre, rimarcarono che la scelta di erigere la moschea di fronte alla Cattedrale di Giacarta intendeva simboleggiare l'armonia religiosa e la tolleranza insite nella Pancasila, la "Carta dei cinque principi", la filosofia nazionale che è alla base della Costituzione.Quello spirito non è affatto smarrito e si avverte ancora oggi mentre i fedeli musulmani parlano con fierezza del "tunnel del silaturahmi" che collega la loro casa alla chiesa cattolica. L’espressione è quanto mai pregnante: "Silaturahmi", nel contesto e nella cultura indonesiana – spiegano gli studiosi – indica una forma di interazione sociale attraverso cui si mantengono salde relazioni interpersonali, come nella parentela, o nei legami educativi, economici, sociali e religiosi. "Silaturahmi", temine usato specificamente dai musulmani indonesiani, vuol dire "l'intenzione di coltivare e curare una relazione umana".C'è un desiderio, c’è l’intenzione di mantenere buone relazioni, in un “dialogo di vita” fatto di pratiche amicali, di gesti semplici e di benevolenza gratuita. Il Cardinale Ignatius Suharyo e l’imam Nasaruddin Umar li coltivano con quotidiana mitezza ed empatia, che si esprimono plasticamente attraverso quel tunnel, un canale sempre aperto che, dopo il restauro completato nel 2022, consentirà al flusso di fedeli, in entrambe le direzioni, di ammirare le opere dell'architetto indonesiano Sunaryo e dello scultore Aditya Novali. L’artista ha realizzato dei bassorilievi che adornano le pareti del sottopasso rivestito in marmo: due mani che si toccano per "dare un’idea di umiltà generata dall’interiorità dell’animo, per cui ognuna delle due avverte la connessione e completa l’unità”, si legge nell’illustrazione della scultura, realizzata sia “in positivo” che “in negativo” sulle pareti del tunnel.E mentre il visitatore procede sul pavimento dove sono disegnati con il granito cerchi concentrici , "simbolo di speranza che dona nuova luce al cammino", si apprende che Papa Francesco non potrà attraversare quel sottopasso, ipotesi esclusa dalle autorità per motivi di sicurezza. Ma ciò non intacca minimamente l’atmosfera, la gioia, l’entusiasmo palpabile, sia nel comunità dei cattolici, sia al di là della strada, tra la gente del Profeta, che sorride, pronta ad accogliere ed abbracciare l'uomo vestito di bianco. ... Agenzia Fides 3 d
AFRICA/SUD SUDAN - “Pregare e ascoltare la voce di Dio e la voce della gente”: l’appello dei vescovi... CC BY  — Juba - “Sebbene la nostra responsabilità primaria sia il Sud Sudan, non possiamo prendere le distanze dal nostro vicino Sudan.” E’ quanto i vescovi della nazione più giovane del mondo hanno espresso in merito alla guerra civile in corso , scoppiata in Sudan lo scorso anno a causa dello scontro tra i vertici delle Forze armate sudanesi e il gruppo paramilitare Rapid Support Forces , e di come il conflitto abbia gravemente danneggiato il paese fino alla quasi completa distruzione.“Il tessuto della società sudanese è stato lacerato, la gente è traumatizzata e scioccata per il livello di violenza e odio” riportano i membri della Conferenza episcopale cattolica del Sudan e del Sud Sudan riuniti di recente in un incontro di 3 giorni a Juba.Il conflitto, che secondo i leader della Chiesa ha causato orrendi crimini di guerra e violazioni dei diritti umani commessi da entrambe le parti, ha portato il popolo del Sudan a una vera catastrofe umanitaria, da qui l’appello dei presuli al popolo di Dio affinché offra sostegno attraverso la fornitura di “assistenza umanitaria, lavoro di advocacy per la pace, preparazione al ‘dopo guerra’ in termini di riconciliazione, riabilitazione, ricostruzione e guarigione dai traumi e, soprattutto, preghiera”.“Finora non c’è la minima traccia per un dialogo di pace che possa portare speranza ai sudanesi. Credo che i nostri leader non siano pronti pace. Lotte e conflitti hanno il sopravvento”, hanno riferito i vescovi citando il vescovo Tombe Trille Kuku della diocesi di El Obeid che nel suo messaggio pastorale che ha dipinto un quadro dell'insensibilità delle parti interessate a permettere che la pace regni in Sudan, ma che invece stanno alimentando la guerra che porta a ulteriori sofferenze per la popolazione.“È giunto il momento per loro di pensare al popolo e alla nazione - proseguono. Più aumentano i combattimenti, più le persone si disperdono e cresce l’odio tra i vari gruppi etnici sudanesi. Inginocchiarsi per pregare e ascoltare la voce di Dio e la voce della gente, dei bambini, delle donne che piangono per la pace, e anche il sangue che piange sulla terra di persone innocenti che sono morte a causa del fuoco incrociato. Tornate a dialogare come figli di un’unica madre e di un unico padre”.Infine, i vescovi della SSSCBC riprendendo il recente appello che Papa Francesco aveva rivolto dopo la recita dell’Angelus, nella Solennità del Corpus Domini, in Piazza San Pietro, hanno invitato tutte le parti a deporre le armi e ad avviare negoziati di pace significativi mentre condannano l’uccisione, gli stupri e i saccheggi di civili e chiedono la responsabilità dei crimini. ... Agenzia Fides 3 d
Il mondo tra le nuvole, record per i viaggi aerei CC BY-NC-ND  —  Qualcuno ha scoperto che non si è mai ... [Continua a leggere sul sito.] ... La Stampa 3 d